By AVV. FRANCO ZORZETTO28 MAGGIO 2019
Il danno da fermo tecnico consiste nel danno subito dal danneggiato per la perdita della materiale disponibilità del mezzo per il tempo necessario alla riparazione, da cui deriva l’impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile.
Infatti, il veicolo, anche durante il periodo di “sosta forzata”, rimane una fonte di spesa per il titolare, il quale deve sostenere la tassa di circolazione, il premio assicurativo, oltre a subire il naturale deprezzamento di valore del bene.
La Corte si è trovata a dover decidere se il danno da “sosta forzata” sia un danno in re ipsa ovvero se debba sempre essere allegato e provato.
Deve prendersi atto che in ordine al se il danno da fermo tecnico sia un danno in re ipsa, come ritenuto dalla ricorrente, ovvero se esso debba essere allegato e provato da colui che ne invoca il risarcimento si è registrato in passato un contrasto giurisprudenziale protrattosi per decenni.
In seno alla Terza Sezione è maturato – a far data dalla decisione del 17/07/2015, n. 15089 – e via via consolidandosi (Cass. 14/10/2015, n. 20620; Cass. 31/05/2017, n. 13718), l’indirizzo, cui si ritiene opportuno dare continuità, che ritiene che l’indisponibilità di un autoveicolo durante il tempo necessario per le riparazioni sia un danno che deve essere allegato e dimostrato; che la prova del danno non possa consistere nella dimostrazione della mera indisponibilità del veicolo, ma che occorra fornire la prova della spesa sostenuta per procurarsi un mezzo sostitutivo ovvero della perdita subita per avere dovuto rinunciare ai proventi ricavati dall’uso del mezzo.
La conclusione si fonda sulle seguenti premesse:
a) non trovano ingresso nel nostro ordinamento danni in re ipsa, giacchè, in primo luogo, il danno non coincide con l’evento dannoso, ma individua le conseguenze da esso prodotte, in secondo luogo, ammettere il risarcimento del danno per la mera lesione dell’interesse giuridicamente protetto significherebbe utilizzare la responsabilità civile in funzione sanzionatoria, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (ex plurimis Cass. 04/12/2018, n. 31233);
b) la liquidazione equitativa non può sopperire al difetto di prova del danno, giacchè essa presuppone che il pregiudizio del quale si reclama il risarcimento sia stato accertato nella sua consistenza ontologica; se tale certezza non sussiste, il giudice non può procedere alla quantificazione del danno in via equitativa, non sottraendosi tale ipotesi all’applicazione del principio dell’onere della prova quale regola del giudizio, secondo il quale se l’attore non ha fornito la prova del suo diritto in giudizio la sua domanda deve essere rigettata, atteso che il potere del giudice di liquidare equitativamente il danno ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della sua precisa determinazione (Cass. 14/05/2018, n. 11698).
c) la tassa di circolazione e le spese di assicurazione non possono reputarsi inutilmente pagate: la prima perchè prescinde dall’uso del veicolo, essendo una tassa di proprietà; le secondo perchè, con un comportamento improntato al rispetto di quanto previsto dall’art. 1227 c.c., comma 2, possono essere sospese (su richiesta del danneggiato);
d) il deprezzamento del bene non è in nesso di relazione causale con il fermo tecnico, ma con la necessità di procedere alla riparazione del mezzo.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza 4 aprile 2019, n. 9348.18