Come procedere in caso di malasanità?

Guida completa per agire in caso di errore medico


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La malasanità è un termine comune (non tecnico) utilizzato per indicare i casi di presunta malpractice medica o negligenza sanitaria in cui un paziente subisce un danno a causa di errori, omissioni o comportamenti inadeguati da parte di medici, personale sanitario o strutture ospedaliere. In situazioni del genere, è naturale chiedersi quali passi intraprendere per ottenere giustizia e risarcimento.

Di seguito forniamo una guida chiara e approfondita, pensata per chi non ha formazione giuridica, su come procedere in caso di sospetta malasanità in Italia.

➡️ Cos’è la malasanità?

Malasanità significa letteralmente “cattiva sanità” e si riferisce a qualunque errore medico o disservizio sanitario che provoca un danno al paziente.

Non è un termine giuridico ufficiale, ma nella pratica comprende tutti i casi di responsabilità medica o responsabilità sanitaria. In queste situazioni, il professionista sanitario avrebbe violato gli standard di diligenza e perizia richiesti: in altre parole, avrebbe agito con negligenza, imperizia o imprudenza (i tre termini classici che indicano colpa in ambito medico).

➡️ Ecco alcuni esempi comuni di ciò che rientra nella malasanità (errori medici):

✔️ Errori diagnostici: ad esempio una diagnosi sbagliata o tardiva che porta a cure errate o ritardate.

✔️ Errori chirurgici: interventi eseguiti sul sito sbagliato, danni agli organi durante l’operazione, corpi estranei dimenticati nel paziente, ecc.

✔️ Errori terapeutici o farmaceutici: somministrazione di farmaci errati o dosaggi sbagliati, terapie inappropriate rispetto alla patologia.

✔️ Errori organizzativi o di gestione: scambio di cartelle cliniche, carenze igieniche che causano infezioni ospedaliere, mancata vigilanza sul paziente, oppure omissione di informazioni e mancato consenso informato prima di una procedura.

In sostanza, si parla di malasanità in tutti quei casi in cui il personale medico-sanitario, non rispettando le buone pratiche cliniche o i protocolli, provoca un danno al paziente che poteva essere evitato.

Per esempio, un medico che omette un esame diagnostico fondamentale o una struttura ospedaliera che non mantiene condizioni igieniche adeguate possono essere ritenuti responsabili di eventuali conseguenze negative sul paziente.

➡️ Cosa fare subito se sospetti un errore medico

Se ritieni di aver subìto un danno da malasanità, è importante agire con metodo e tempestività. Ecco i primi passi da compiere immediatamente:

Tutela la tua salute corrente: prima di tutto, assicurati di ricevere le cure necessarie per rimediare al danno (rivolgendoti se serve ad altri medici o strutture). La priorità è stabilizzare le tue condizioni di salute. Se l’errore è in corso (ad esempio, terapia sbagliata), chiedi subito una rivalutazione o cambia medico.

Raccogli informazioni e documenti iniziali: prendi nota dettagliata di tutto ciò che è accaduto. Annota date, nomi dei sanitari coinvolti, procedure effettuate e ogni particolare rilevante. Queste informazioni saranno utili in seguito per ricostruire i fatti.

Richiedi la cartella clinica e la documentazione medica: hai diritto a ottenere copia della cartella clinica e di tutti i referti e esami che ti riguardano presso l’ospedale o la struttura sanitaria. È fondamentale farlo il prima possibile, prima che possano andare smarriti o alterati dettagli importanti. La cartella clinica contiene infatti la cronologia delle cure, i farmaci somministrati, gli interventi eseguiti e le condizioni registrate durante il ricovero. Puoi presentare richiesta formale all’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico) dell’ospedale o all’ufficio cartelle cliniche; di solito la consegna avviene entro pochi giorni o settimane dietro pagamento dei costi di copia.

Questa documentazione medica (cartelle cliniche, referti di esami, risultati di laboratorio, immagini radiologiche, etc.) costituirà la base probatoria per valutare il caso

Non accusare immediatamente senza basi: evita confronti accesi o accuse dirette al personale medico prima di aver consultato esperti. Anche se la tentazione di segnalare subito l’errore è forte, conviene raccogliere prove solide prima di formalizzare accuse.

Considera un consulto medico-legale tempestivo: uno dei primissimi passi utili è coinvolgere un medico legale (un medico specializzato in valutazioni per cause legali). Il medico legale può esaminare la tua documentazione medica e valutare se effettivamente vi sono state violazioni dei protocolli o standard di cura, e se tali violazioni sono causa del danno che hai subito. Questo passaggio è cruciale: una perizia medico-legale preliminare può dirti se ci sono i presupposti per procedere legalmente oppure no. Spesso gli studi legali di malasanità collaborano con medici legali di fiducia proprio per offrire ai clienti una prima valutazione tecnica del caso.

Seguendo questi passi iniziali, ti preparerai al meglio per eventuali azioni successive. Ricorda che il tempo è un fattore importante: non solo per la tua salute, ma anche perché alcune azioni legali hanno scadenze precise (termini di prescrizione o decadenza, di cui parleremo più avanti).

➡️ Le vie legali disponibili

Una volta raccolta la documentazione e ottenuto un parere medico-legale che conferma il sospetto di malpractice, si può valutare quale percorso legale intraprendere. In Italia esistono diversi canali per far valere i propri diritti in caso di malasanità, ognuno con caratteristiche e scopi leggermente diversi.

Le principali vie sono:

✔️ l’azione civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti;

✔️ l’azione penale (denuncia o querela) per accertare eventuali reati commessi dal personale sanitario;

✔️ il ricorso in sede amministrativa o i reclami presso le strutture sanitarie e gli enti competenti (come ASL o Ordini professionali).

Vediamoli in dettaglio uno per uno, in modo chiaro.

➡️ Azione civile per il risarcimento dei danni

L’azione civile è il percorso giudiziario volto a farti ottenere un risarcimento economico per i danni subiti (danno biologico alla salute, danno morale, spese mediche aggiuntive, perdita di reddito, ecc.).

Si tratta di fare causa al responsabile (ad esempio all’ospedale e/o al medico) di fronte al tribunale civile, chiedendo che venga riconosciuta la loro responsabilità e che ti vengano pagati i danni. In ambito civile, la responsabilità medica può inquadrarsi sotto due profili giuridici: contrattuale o extracontrattuale.

Senza entrare in tecnicismi, significa questo:

Se il danno è causato da un medico o una struttura con cui avevi un rapporto contrattuale (anche implicito) di cura – tipicamente l’ospedale pubblico o la clinica privata dove sei stato ricoverato – allora la responsabilità viene detta contrattuale.

In tal caso si applicano le regole degli articoli 1218 e 1228 del Codice Civile, secondo cui la struttura risponde delle condotte colpose dei propri sanitari come di obblighi contrattuali verso il paziente.
Un vantaggio per il paziente è che in questo caso il termine di prescrizione del diritto al risarcimento è di 10 anni (più lungo) e alcuni oneri della prova sono in capo al debitore (struttura/medico).

Se il danno è causato da un medico senza un rapporto contrattuale diretto col paziente (ad esempio un medico dipendente di un ospedale pubblico, che non hai scelto personalmente) potrebbe configurarsi una responsabilità extracontrattuale, basata sull’art. 2043 del Codice Civile (fatto illecito).
In questo scenario il termine di prescrizione è di 5 anni 
e grava maggiormente sul paziente l’onere di provare la colpa del medico, il nesso causale e il danno.

In pratica, dopo la cosiddetta Legge Gelli-Bianco del 2017 (Legge n. 24/2017), la struttura sanitaria risponde normalmente in via contrattuale, mentre il singolo professionista sanitario risponde in via extracontrattuale.

Queste distinzioni tecniche servono soprattutto a determinare i tempi e gli oneri probatori, ma come paziente il tuo obiettivo resta dimostrare che c’è stato un errore colposo e ottenere il risarcimento.

➡️ Come procedere in concreto nell’azione civile?

Di solito, con l’assistenza di un avvocato, si procede così:

L’avvocato invia una diffida o richiesta formale di risarcimento alla struttura sanitaria o al medico (spesso attraverso l’assicurazione di quest’ultimo), descrivendo i fatti e quantificando in via preliminare il danno.

Questo a volte può portare a trattative e a un accordo stragiudiziale (transazione) se la controparte riconosce l’errore.

Se non si raggiunge un accordo, si passa alla fase giudiziale. In Italia, prima di poter depositare la causa civile, è obbligatorio esperire un tentativo di conciliazione (vedi sezione successiva sulla mediazione obbligatoria).

Solo dopo aver tentato la conciliazione senza successo, l’avvocato potrà depositare un atto di citazione in Tribunale. Questo atto avvia il processo civile vero e proprio.

Durante la causa civile, il giudice nominerà quasi sicuramente un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), ovvero un medico specialista super partes che esaminerà il caso e darà un parere tecnico sull’operato dei sanitari e sul nesso causale tra eventuali errori e danni. Il CTU confronterà la documentazione medica con le linee guida e le buone pratiche cliniche.

Tu e la controparte potrete nominare a vostra volta dei consulenti tecnici di parte (CTP), di solito medici legali o specialisti, che parteciperanno alle operazioni peritali e difenderanno le rispettive tesi.

Se il giudice accerterà la responsabilità medica, emetterà una sentenza che condanna il medico/la struttura al risarcimento dei danni in tuo favore. In caso contrario, rigetterà la domanda (in tutto o in parte).

È importante essere consapevoli che i processi civili possono durare diversi anni e che l’esito dipende molto dalle prove raccolte e dalla perizia tecnica effettuata in corso di causa.

Un ultimo punto da considerare: la Legge Gelli ha anche previsto l’obbligo per le strutture sanitarie (pubbliche e private) di dotarsi di assicurazione per la responsabilità verso i pazienti, o comunque di misure analoghe (auto-assicurazione).

In teoria questo garantisce che, se condannati, ospedale o medico abbiano una copertura finanziaria per pagare il risarcimento. In pratica molte strutture hanno franchigie o auto-assicurazione parziale, quindi può capitare che vi siano dispute tra assicurazione e ospedale su chi paghi, ma questo non riguarda direttamente il paziente in sede di causa (l’importante è citare in giudizio tutti i soggetti corretti, cosa di cui si occuperà il tuo legale).

➡️ Azione penale (denuncia o querela in procura)

L’azione penale mira ad accertare se il fatto commesso dal medico o dal personale sanitario costituisce un reato previsto dal Codice Penale. In ambito di malasanità, i possibili reati sono principalmente lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) se il paziente è rimasto ferito o aggravato nella salute, oppure omicidio colposo (art. 589 c.p.) se purtroppo il paziente è deceduto a causa dell’errore medico.

“Colposo” significa che l’evento (lesioni o morte) è avvenuto per negligenza, imprudenza o imperizia del sanitario, senza volontà di nuocere. Procedere penalmente significa in sostanza sporgere denuncia (o querela) presso le autorità competenti – tipicamente presso la Procura della Repubblica (tramite la Polizia, i Carabinieri o direttamente in procura). Vediamo come funziona:

Denuncia vs querela: La denuncia è l’atto con cui si informa l’autorità di un reato perseguibile d’ufficio (cioè automaticamente). La querela è invece necessaria per i reati che non sono procedibili d’ufficio, e richiede la volontà espressa della vittima di procedere.

Nel caso della malasanità, se c’è un decesso o lesioni gravi, l’omicidio colposo o le lesioni colpose gravissime sono reati perseguibili d’ufficio: ciò significa che, anche se non c’è obbligo legale di presentare querela, è comunque consigliabile presentare una denuncia dettagliata per sollecitare l’attività della Procura. In caso di lesioni colpose non gravissime (ad esempio danni temporanei o meno gravi), è invece richiesta una querela da parte del paziente entro 3 mesi da quando si è avuto cognizione del fatto illecito. Questo termine di 3 mesi è tassativo per non perdere il diritto di far perseguire il reato.

Come presentare la denuncia/querela: Puoi redigere un atto scritto (possibilmente con l’aiuto di un avvocato) in cui indichi: i tuoi dati, i fatti accaduti con date e luoghi, il nome del medico o struttura coinvolta (se noti), il danno subito e ogni prova o documentazione disponibile (alleghi ad esempio copia della cartella clinica, certificati medici, ecc.).

L’atto va poi presentato alla stazione di Polizia Giudiziaria (Polizia di Stato, Carabinieri) oppure direttamente alla Procura. In alternativa, la querela può anche essere sporta oralmente: raccontando i fatti a un ufficiale di polizia, il quale stenderà un verbale che tu firmerai.

Cosa succede dopo la denuncia: La Procura aprirà un fascicolo di indagine e affiderà le indagini a un Pubblico Ministero (PM). Verranno eventualmente sequestrate le cartelle cliniche originali, sentiti testimoni, disposte perizie medico-legali tramite un consulente tecnico (CTU) nominato dal PM, ed effettuati altri accertamenti.

Il medico (o i medici) coinvolti potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati. Al termine delle indagini, la Procura potrà chiedere l’archiviazione (se ritiene che non vi siano prove sufficienti di reato) oppure esercitare l’azione penale, ad esempio chiedendo il rinvio a giudizio del medico per il reato contestato.

Costituzione di parte civile: se si va a processo penale, tu (paziente danneggiato o familiari) hai la facoltà di costituirti parte civile nel processo penale per richiedere il risarcimento dei danni all’interno dello stesso procedimento.

In pratica diventi attore civile all’interno del processo penale, e se ci sarà una condanna penale il giudice penale potrà liquidare anche i danni o rimandare la quantificazione alla sede civile. Costituirsi parte civile richiede l’assistenza di un avvocato e può avere costi, ma è uno strumento utile per ottenere giustizia senza dover avviare un separato processo civile.

È importante sottolineare che l’azione penale e l’azione civile possono coesistere: puoi sia sporgere denuncia penale sia avviare (o proseguire) la causa civile per i danni.

Spesso si procede penalmente nei casi più gravi (morte o danni molto seri), sia per far luce pubblicamente sull’accaduto, sia perché le risultanze penali (es. la perizia del PM o una sentenza di condanna) possono aiutare poi nel civile. Tuttavia, non sempre il percorso penale porta benefici al paziente: la soglia per condannare penalmente un medico è alta (serve provare il fatto oltre ogni ragionevole dubbio).

La Legge Gelli del 2017 ha introdotto nel Codice Penale l’art. 590-sexies c.p., che limita la punibilità del medico per imperizia in alcuni casi: ad esempio se il medico ha rispettato linee guida appropriate per il caso concreto, non è punibile per colpa lieve.

Questo significa che molte denunce penali per malasanità si concludono con un’archiviazione o un’assoluzione del sanitario, a meno che non vi siano errori grossolani. Inoltre il processo penale può richiedere molto tempo (anche diversi anni, specie su tre gradi di giudizio) e non garantisce un risarcimento se non si ottiene una condanna.

Per queste ragioni, spesso l’azione civile risarcitoria viene considerata preferibile per ottenere un indennizzo economico, lasciando eventualmente al penale solo i casi di condotta eclatante o dolo. In ogni caso, va valutato con l’avvocato qual è la strada migliore secondo le circostanze.

➡️ Ricorso amministrativo e reclami presso le strutture sanitarie

Oltre alle vie giudiziarie (civile e penale), esistono anche modalità amministrative o di “autotutela” che possono essere percorse. Queste non mirano direttamente al risarcimento, ma possono servire a segnalare l’accaduto alle autorità sanitarie, ottenere verifiche interne e, in alcuni casi particolari, ottenere indennizzi attraverso procedure amministrative.

Reclamo presso l’ASL o l’ospedale: Tutte le aziende sanitarie locali (ASL) e gli ospedali hanno uffici preposti a ricevere i reclami dei pazienti (di solito l’URP – Ufficio Relazioni con il Pubblico).

Se hai riscontrato un disservizio o un errore, puoi presentare un reclamo scritto all’URP dell’ospedale dove sei stato curato, dettagliando l’evento di malasanità. Il reclamo dovrebbe contenere i tuoi dati, la descrizione dei fatti (con date, reparti, nomi se li sai) e il motivo del lamentato disservizio.

L’azienda sanitaria ha l’obbligo di rispondere entro un certo tempo (spesso 30 giorni) e avviare verifiche interne. Potrebbe attivare una commissione di rischio clinico o disciplinare per analizzare l’accaduto.

Anche se questo difficilmente porta a un risarcimento immediato, avere un riscontro scritto può tornare utile: ad esempio l’ospedale potrebbe ammettere l’errore o proporre una conciliazione. In ogni caso, il tuo reclamo rimane agli atti e l’ospedale dovrà prenderne ufficialmente conoscenza.

Segnalazione agli Ordini professionali: Se il comportamento del medico è stato particolarmente scorretto, oltre alle azioni di cui sopra puoi segnalare il fatto anche all’Ordine dei Medici provinciale competente (o all’Ordine delle Professioni Infermieristiche, se riguardasse un infermiere, etc.).

L’Ordine professionale ha il potere di avviare un procedimento disciplinare a carico del sanitario (che è distinto dalle cause civili/penali) e, se accerta violazioni deontologiche gravi, può sanzionare il medico (fino alla sospensione dall’albo nei casi più seri). Questa non è una via per ottenere risarcimento, ma può servire a far valere le proprie ragioni sul piano etico-professionale.

Ricorsi amministrativi in senso stretto: In alcuni casi particolari di danno da trattamento sanitario esistono procedure di indennizzo straordinarie previste per legge.

Ad esempio, per i danni derivanti da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni o somministrazione di emoderivati infetti, c’è una legge speciale (Legge 210/1992) che prevede un indennizzo statale. Questo non è un risarcimento integrale basato sulla colpa del medico, ma una somma a titolo di solidarietà che viene corrisposta dal Ministero della Salute alle vittime di quei eventi.

La procedura in tal caso è amministrativa: si fa domanda alla ASL e si viene valutati da una Commissione Medico-Ospedaliera. Se la commissione riconosce il nesso tra trattamento e danno, si ottiene un indennizzo; se la domanda viene respinta, è possibile fare ricorso amministrativo al Ministero della Salute entro 30 giorni e, in caso di ulteriore rigetto, ricorrere al giudice in sede giudiziaria.

Questo è un esempio specifico, ma vale la pena sapere che esistono canali extra-giudiziali in certe situazioni previste dalla legge.

Riassumendo, presentare reclami o ricorsi amministrativi può essere utile per smuovere le acque e ottenere una prima forma di riconoscimento del problema.

Tuttavia, per ottenere un vero risarcimento del danno in termini monetari, spesso sarà necessario passare per la via civile (o eventualmente penale, come detto).

I procedimenti amministrativi o disciplinari possono svolgersi parallelamente e non escludono le azioni legali: ad esempio, nulla vieta di fare un reclamo all’ospedale e allo stesso tempo preparare la causa civile.

➡️ La mediazione obbligatoria e gli strumenti di conciliazione

Un aspetto fondamentale da conoscere, introdotto negli ultimi anni, è che per le controversie di malasanità la legge italiana prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione prima di affrontare un giudizio civile vero e proprio. In altre parole, non puoi normalmente andare direttamente in tribunale per una causa di risarcimento senza aver prima cercato di trovare un accordo tramite procedimenti alternativi come la mediazione o una consulenza tecnica preventiva conciliativa.

Questo serve sia a snellire i tribunali sia a favorire soluzioni più rapide e meno conflittuali. Vediamo le due principali modalità di conciliazione obbligatorie o facoltative in materia sanitaria:

Mediazione civile obbligatoria (D.Lgs. 28/2010): La mediazione civile e commerciale è un procedimento stragiudiziale in cui un mediatore professionista, terzo imparziale, aiuta le parti a trovare un accordo.

Ebbene, le cause di responsabilità medica rientrano tra quelle materie per cui la legge (art. 5, comma 1, D.Lgs. 28/2010) impone di tentare la mediazione prima di andare in giudizio.

Questo è stato espressamente previsto per i casi di malasanità anche dal 2013 (DL 69/2013 convertito in L.98/2013) e confermato dalla riforma Gelli. In pratica, attraverso il tuo avvocato dovrai presentare un’istanza di mediazione presso un organismo di mediazione accreditato (ce ne sono molti in ogni città).

L’altra parte (medico, assicurazione o struttura sanitaria) verrà chiamata a partecipare a incontri davanti al mediatore. La presenza dell’avvocato è obbligatoria in mediazione in queste materie. Durante la mediazione si discuterà informalmente del caso e si potrà eventualmente raggiungere un accordo di transazione: ad esempio un certo importo di risarcimento a fronte della chiusura bonaria della vertenza.

Se si raggiunge l’accordo, si redige un verbale che, omologato, ha efficacia di titolo esecutivo. Se non si raggiunge l’accordo (o se la controparte non si presenta), il mediatore chiude la procedura rilasciando un verbale di mancata conciliazione: a quel punto avrai “il via libera” per procedere con la causa civile. La mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale: significa che il giudice civile, all’inizio del processo, controllerà se hai tentato la mediazione; se non lo hai fatto, la causa viene sospesa e ti viene ordinato di farlo.

Accertamento Tecnico Preventivo con finalità conciliativa (art. 696-bis c.p.c.): Questa è un’alternativa specifica prevista dalla Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017).

Consiste nel rivolgersi subito a un giudice (prima ancora di iniziare la causa) chiedendo la nomina di un consulente tecnico d’ufficio (CTU) in via preventiva, affinché effettui una perizia sul caso di malasanità.

È quindi una sorta di perizia preventiva. La particolarità, introdotta dall’art. 8 della Legge Gelli, è che durante questo procedimento il consulente deve tentare la conciliazione tra le parti alla luce di quanto emerso dalla perizia svolta.

In pratica: tu, tramite l’avvocato, depositi un ricorso ex art. 696-bis c.p.c. al tribunale; il giudice nomina un perito (di solito un medico legale specialista), il quale esamina la documentazione, eventualmente visita il paziente e redige una bozza di parere sul caso. Poi convoca le parti e prospetta loro le conclusioni: a quel punto prova a far raggiungere un accordo (ad esempio propone un importo di risarcimento che ritiene equo).

Se le parti accettano, si verbalizza la conciliazione e la questione si chiude subito con esito positivo (saltando completamente il giudizio ordinario). Se invece non c’è accordo, otterrai comunque una perizia tecnica depositata (utile poi in causa) e si potrà iniziare il giudizio civile.

Anche questo procedimento di ATP conciliativo costituisce condizione di procedibilità della causa civile al pari della mediazione: significa che puoi scegliere, prima di citare in giudizio, se tentare la mediazione o questo accertamento tecnico; l’importante è aver tentato almeno uno dei due per legge.

Entrambi questi strumenti hanno vantaggi: la mediazione è più informale e meno costosa, l’accertamento tecnico preventivo fornisce già un parere peritale autorevole. Sarà il tuo avvocato a consigliarti quale via preliminare tentare in base al caso (spesso, nei casi complessi, l’ATP ex art.696-bis c.p.c. viene preferito perché si chiariscono meglio le questioni tecniche fin da subito). È importante partecipare a questi tentativi con spirito costruttivo: se c’è la possibilità di una conciliazione equa, conviene valutarla seriamente. Risolvere la controversia in via stragiudiziale ti fa evitare anni di processo e ulteriori spese.

Tieni presente che l’eventuale accordo transattivo può includere clausole come la riservatezza (non divulgare l’accaduto) e la rinuncia a future pretese, ma in cambio ti garantisce il ristoro in tempi rapidi. Se invece la conciliazione fallisce, avrai comunque assolto l’obbligo di legge e potrai proseguire col giudizio.

➡️ Quando è opportuno contattare un avvocato

Contattare prima possibile un avvocato esperto in malasanità è quasi sempre una buona idea. Molte persone esitano per timore dei costi legali o perché sperano che l’ospedale risolva spontaneamente l’errore. In realtà, coinvolgere un legale tempestivamente può fare la differenza per diversi motivi:

Orientamento iniziale: Un avvocato specializzato saprà darti subito un’idea dei tuoi diritti e delle possibilità di successo del caso. Può spiegarti, in termini semplici, quali passi legali sono sensati e quali no, evitandoti mosse inutili.

Raccolta delle prove: Il legale ti guiderà su quali documenti servono e come procurarteli. Ad esempio, ti ricorderà di chiedere tutta la documentazione clinica, di conservare scontrini/fatture di spese mediche extra fatte in conseguenza dell’errore, di annotare nominativi di eventuali testimoni (es. altri pazienti, infermieri presenti ai fatti). Se necessario, l’avvocato può anche inviare richieste formali di esibizione di documenti alla struttura sanitaria o ottenere per via legale copie integrali di atti rilevanti.

Consulenza medico-legale di parte: Come detto, sarà probabilmente necessario far valutare il caso a un medico legale di fiducia. Gli studi legali specializzati collaborano con medici legali esperti in queste cause. Un avvocato può quindi aiutarti a ottenere una perizia medico-legale di parte, che metta nero su bianco le responsabilità mediche (questa perizia sarà utile sia nelle trattative che in giudizio).

Interlocuzione con le controparti: Spesso prima di arrivare in tribunale c’è uno scambio di comunicazioni con l’ospedale o le assicurazioni. Un avvocato potrà redigere per te lettere di reclamo o diffide ben formulate, che mostrino subito alla controparte che conosci i tuoi diritti.

È frequente che attraverso queste comunicazioni preliminari, soprattutto se supportate da una perizia medico-legale, si aprano trattative transattive. Senza un legale, rischi di non essere preso sul serio o di fornire meno pressione alla controparte.

Rispetto dei termini di legge: Come abbiamo visto, ci sono termini temporali da rispettare (per esempio la prescrizione civile – 5 o 10 anni – o i 3 mesi per la querela in certi casi penali).

Un avvocato si assicurerà che tu non faccia decadere i tuoi diritti per decorrenza dei termini. Inoltre curerà gli aspetti procedurali obbligatori, come attivare la mediazione o l’ATP prima di far partire la citazione in giudizio.

È quindi opportuno contattare un avvocato il prima possibile, idealmente appena sorge il serio dubbio di malasanità, anche solo per una consulenza iniziale. Molti studi offrono una prima valutazione gratuita del caso: porterai la documentazione medica raccolta e ti verrà detto se vale la pena procedere e con quali probabilità. Se poi deciderai di andare avanti, l’avvocato ti spiegherà i costi e le strategie.

Naturalmente, assicurati di rivolgerti a un avvocato con esperienza specifica in casi di malasanità, data la complessità di questo campo. Il fatto che questa guida si trovi sul sito di uno Studio Legale specializzato in malasanità è già un buon punto di partenza per capire a chi affidarti.

➡️ Tempi e costi di una causa di malasanità

Quanto tempo ci vorrà per ottenere giustizia?
E quanto potrebbe costare?

Sono domande comprensibili. Purtroppo non esistono risposte semplici, perché ogni caso è diverso, ma possiamo dare qualche indicazione generale – con la dovuta cautela, senza pretesa di esaustività.
Tempi medi: Le controversie di malasanità tendono ad essere complesse e dunque piuttosto lunghe. In sede civile, un primo grado di giudizio può durare in media da 2 a 5 anni (nei tribunali più congestionati anche di più).

Questo perché bisogna espletare la perizia medico-legale, spesso vengono sentiti testimoni, e le calendarizzazioni delle udienze possono essere lente. Se poi una delle parti appella la sentenza, l’appello può richiedere altri 2-3 anni facilmente; infine c’è l’eventuale Cassazione.

Va detto che non tutti i casi vanno fino in fondo: molti si concludono con un accordo transattivo durante il percorso, specialmente dopo la perizia del CTU (quando le responsabilità risultano evidenti, la compagnia assicurativa del medico potrebbe voler chiudere evitando ulteriori spese).

La strada penale, dal canto suo, può essere altrettanto lunga se non di più. Spesso tra indagini, udienza preliminare, processo di primo grado e successivi gradi passano parecchi anni. Bisogna armarsi di pazienza. È comprensibile l’ansia di ottenere giustizia, ma occorre essere realistici: non si risolve tutto in pochi mesi.

Un tentativo di mediazione o conciliazione riuscito, però, può abbreviare drasticamente i tempi: se trovi un accordo, potresti ottenere il risarcimento anche nel giro di pochi mesi dal momento in cui attivi la procedura, evitando l’attesa del giudizio. Costi possibili: Avviare un procedimento per malasanità comporta alcuni costi, che è bene conoscere (anche se in parte variabili):

Spese perizie e consulenze: Probabilmente dovrai affrontare il costo di una perizia medico-legale di parte iniziale, per valutare il caso (il compenso del medico legale può variare in base alla complessità, talora qualche centinaio di euro o più).

Inoltre, se si va in giudizio civile, ci saranno i costi del CTU nominato dal giudice: in genere il giudice pone le spese della perizia provvisoriamente a carico della parte che ha richiesto l’accertamento (di solito il paziente-attore), anche se poi in caso di vittoria queste spese vengono rifuse dalla controparte. Le spese di CTU possono essere nell’ordine di qualche migliaio di euro a seconda del caso.

Spese legali e di giustizia: L’avvocato ti illustrerà il proprio compenso. Spesso per malasanità si concorda un compenso misto: una parte fissa (ad esempio per coprire le spese vive, il contributo unificato per iscrivere la causa a ruolo, bolli, notifiche, etc., che possono ammontare a qualche centinaio di euro o più a seconda del valore della causa) e una parte a percentuale sul risultato (patto di quota lite) che l’avvocato prenderà solo in caso di vittoria/risarcimento.

Questo ti permette di affrontare il caso senza dover anticipare cifre enormi. In altri casi lo studio può chiedere invece un pagamento a fasi (es. tot per la fase di studio e mediazione, tot per la causa, etc.). È importante discutere apertamente del preventivo con l’avvocato prima di iniziare, per evitare sorprese.

Ricorda inoltre che, se vinci la causa, normalmente il giudice condanna la controparte anche a rifonderti le spese legali (in tutto o in parte) oltre al danno. Se perdi, potresti dover rimborsare le spese legali della controparte secondo la liquidazione del giudice.

Costo della mediazione: La procedura di mediazione ha costi relativamente contenuti: al deposito dell’istanza si paga un piccolo importo di segreteria (in genere sui 40-50 euro).

Se la controparte partecipa, ciascuno paga le indennità di mediazione stabilite dall’organismo in base al valore della lite (possono essere qualche centinaio di euro a testa per controversie di medio valore).

Se la mediazione non va a buon fine, però, c’è un’agevolazione: le parti usufruiscono di un credito di imposta pari all’indennità versata, e non devono pagare il contributo unificato se poi iniziano la causa civile entro certi termini – insomma, lo Stato cerca di non penalizzare chi ha tentato di conciliare.

Anche l’ATP ex art.696-bis c.p.c. ha dei costi (contributo unificato ridotto e compenso del perito anticipato dalle parti), ma come detto se porta a conciliazione conviene, altrimenti l’investimento fatto è utile per la successiva causa.

In sintesi, intraprendere un’azione di malasanità richiede un investimento di tempo e denaro, ma la prospettiva è di ottenere un ristoro adeguato per un danno che altrimenti resterebbe a tuo carico.

Ogni decisione va ponderata con il legale: ci sono casi in cui vale la pena andare avanti con determinazione, altri in cui magari si preferisce accettare una transazione veloce per evitare ulteriori rischi, altri ancora in cui – se la perizia preliminare è negativa – purtroppo è meglio non procedere affatto.

La chiave è un confronto trasparente con il tuo avvocato su aspettative, probabilità di successo, tempi e costi. Nessun professionista serio ti garantirà un risultato al 100%, ma ti aiuterà a comprendere pro e contro di ogni passo.

➡️ Consulenza legale personalizzata

Ogni caso di malasanità è unico – per le circostanze mediche, per le persone coinvolte, per le conseguenze subite. Questa guida fornisce un panorama generale di come procedere, ma nulla può sostituire una valutazione specifica del tuo caso. Se sospetti di essere vittima di un errore medico o di un caso di malasanità, il consiglio conclusivo è di rivolgerti quanto prima a un professionista.

Il nostro studio legale, specializzato in responsabilità medica, è a tua disposizione per una consulenza personalizzata: esamineremo la tua documentazione, valuteremo i fatti e ti indicheremo in modo chiaro quali passi intraprendere, con la massima competenza e sensibilità.

Non affrontare da solo un percorso così complesso: contattaci senza impegno per discutere del tuo caso. Ti aiuteremo a capire come tutelare al meglio i tuoi diritti e ottenere giustizia per il danno subito. La legge offre gli strumenti, noi mettiamo a disposizione l’esperienza per utilizzarli al tuo servizio.

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Credits: Finalmente Semplice