✅ L’INFEZIONE DA SARS-COV-2, NON RIENTRA NELLA NOZIONE DI INFORTUNIO INDENNIZZABILE
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 20 giugno 2023, ribaltando il verdetto di primo grado, ha statuito che l’infezione da Sars-Cov-2, non rientra nella nozione di infortunio indennizzabile, delineata dalla polizza che il soggetto morto a causa del contagio con tale virus aveva stipulato con una compagnia assicuratrice, designando quali beneficiari i suoi eredi. La pronuncia si inserisce nel vivace dibattito insorto sul punto tra i giudici merito che ha visto fin qui contrapporsi due schieramenti, i quali sono divisi specie sull’utilizzazione dei criteri di ermeneutica negoziale.
Si era rivolta al Tribunale di Torino una donna, anche in qualità di esercente la responsabilità genitoriale nei confronti del proprio figlio minore, chiedendo la condanna della compagnia assicuratrice convenuta al pagamento della somma prevista dal contratto concluso tra quest’ultima e il coniuge dell’attrice che tra l’altro prevedeva, in caso di decesso del soggetto in questione derivante da infortunio, la corresponsione di un indennizzo ai suoi eredi.
Era infatti accaduto che costui aveva trovato la morte in un nosocomio dove era stato ricoverato dopo aver accusato i sintomi del Covid-19 nella convulsa fase iniziale della diffusione in Italia del virus responsabile della malattia. Proprio per questa peculiarità aveva destato scalpore la sentenza con cui il giudice di prime cure aveva accolto la domanda (Trib. Torino 18 gennaio 2022, n. 184; commentata da P. Russo, Morte da Covid-19: sì all’indennizzo se la polizza privata copre il rischio “infortuni”, in questa Rivista, 12 aprile 2022).
Tale pronuncia, infatti, aveva affermato che, in difetto di un’apposita esclusione nel testo contrattuale, l’infezione da Sars-Cov-2 non fuoriusciva dalla definizione di infortunio prevista dalle condizioni particolari di polizza, dove si faceva riferimento, in linea con quanto generalmente avviene in questi schemi negoziali, a un evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna (si è delineato, invero, un contratto socialmente tipico, il cui regime giuridico può essere differenziato a seconda che vengano in rilevo infortuni non mortali o mortali: si veda, al riguardo, Cass. civ., sez. un., 10 aprile 2002, n. 5119).
Al riguardo veniva richiamato l’orientamento di legittimità in virtù del quale le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall'assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall'art. 1370 c.c., e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all'assicuratore medesimo (si veda Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2008, n. 866).
La decisone del giudice di primo grado del capoluogo piemontese ha inaugurato un filone giurisprudenziale di merito propenso a ravvisare nell’infezione i requisiti dell’infortunio indennizzabile (constano, ad es., Trib. Vercelli 3 agosto 2022, n. 383; Trib. Trento 30 agosto 2022, n. 102, con cui il giudice del lavoro, adito dall’erede di un sanitario deceduto per una polmonite conseguente al Covid-19 da lui contratto in occasione dello svolgimento della sua professione di medico di continuità assistenziale, ha condannato gli assicuratori che avevano stipulato con l’ENPAM [Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Medici] una polizza infortuni a beneficio dei medici di medicina generale, in esecuzione di apposita previsione dell’accordo collettivo nazionale applicabile a tale categoria di lavoratori; Trib. Lucca 13 gennaio 2023;Trib. Bergamo 16 marzo 2023, n. 561).
Non sono, peraltro, mancate, nell’ambito dei Tribunali, le voci dissenzienti (sono riconducibili all’indirizzo contrario all’invocabilità delle polizze infortuni in caso di esiti letali del Covid-19, tra le altre, Trib. Pesaro, 15 giugno 2021, n. 690; Trib. Roma 30 gennaio 2022; Trib. Pescara 22 marzo 2022).
La citata sentenza del Tribunale di Torino è stata impugnata dall’impresa soccombente, che sosteneva innanzitutto la non riconducibilità dell’infezione da Sars-Cov-2 alla nozione contrattuale di infortunio.
La Corte d’Appello della medesima località, con sentenza del 20 giugno 2023, ha accolto il gravame, pervenendo al rigetto della domanda spiegata con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado. Il collegio giudicante si è dichiaratamente posto nell’ottica di “accertare se l’evento morte conseguenza di insufficienza respiratoria da infezione da Sars-Cov-2 rientr[asse] nella copertura assicurativa garantita dalla specifica polizza infortuni stipulata tra le parti”.
Nel ricostruire il contenuto del regolamento negoziale, che contemplava due distinte definizioni per l’infortunio e la malattia, viene data preminenza all’interpretazione letterale e a quella complessiva delle clausole; il che consente di desumere in maniera chiara il significato del termine infortunio, senza bisogno di ricorre al criterio residuale dell’art. 1370 c.c. (secondo il principio del «gradualismo», secondo il quale deve farsi ricorso ai criteri interpretativi sussidiari, come l'interpretatio contra stipulatorem in presenza di modulo predisposto da uno dei contraenti ai sensi dell'art. 1370 c.c., solo quando risulti non appagante il ricorso ai criteri di cui agli artt. 1362-1365 c.c. e il giudice fornisca compiuta ed articolata motivazione della ritenuta equivocità ed insufficienza del dato letterale: così Cass. civ., sez. III, 30 maggio 2007, n. 12721).
Si giunge così a escludere le infezioni virali dal novero degli infortuni, dal momento che non è ravvisabile una causa violenta, intesa come fattore traumatico esterno.
L’argomento viene corroborato dalla constatazione che una specifica estensione della polizza è in grado di offrire copertura alle infezioni da Hiv e dai virus dell’epatite A e B; l’estensione si rende necessaria proprio perché le infezioni virali non sono in quanto tali indennizzabili.
Inoltre, la Corte prende le distanze da quanto affermato dal Supremo Collegio in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, ambito nel quale si è ritenuto che costituisce causa violenta anche l'azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell'organismo umano, ne determinino l'alterazione dell'equilibrio anatomo-fisiologico, sempreché tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa, anche in difetto di una specifica causa violenta alla base dell'infezione (Cass. civ. sez. VI, ord. 10 ottobre 2022, n. 29435, con cui è stata cassata la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di un infermiere professionale, volta al riconoscimento, in suo favore, della copertura INAIL in ragione della contrazione sul luogo di lavoro di una infezione da virus HCV, sull'assunto che mancasse la prova dello specifico evento infettante in occasione di lavoro; Cass. civ., sez. lav., 12 maggio 2005, n. 9968, che ha confermato la sentenza di merito la quale, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica, era giunta alle conclusioni che la dipendente, assistente sociosanitaria con mansioni di collaborazione con il personale infermieristico, avesse secondo un calcolo probabilistico contratto l'infezione da epatite B proprio nell'espletamento dell'attività ospedaliera; Cass. civ. sez. lav., 8 aprile 2004, n. 6899; Cass. civ., sez. lav. 1giugno 2000, n. 7306, con cui è stata cassata la sentenza che aveva escluso il nesso di causalità in relazione all'epatite contratta da un infermiere, sul presupposto della mancanza di prova che un determinato paziente fosse portatore del virus e che la puntura fosse avvenuta dopo il prelievo).
E, nel medesimo contesto, la legislazione emanata all’epoca dell’emergenza epidemiologica ha stabilito che: “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell'infortunato” (art. 42, comma 2, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27). Sul punto si evidenzia in motivazione che non è possibile applicare sic et simpliciter tali principi all’assicurazione privata contro gli infortuni; del resto, il contratto in esame non conteneva alcun rinvio alla disciplina dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (a tale proposito, dal principio di diritto enunciato da Cass. civ., sez. lav., 21 dicembre 2010, n. 25860, si evince che l’estensione all’assicurazione privata delle fattispecie di cui alla predetta disciplina “deve essere richiamata in polizza”).
La pronuncia della Corte d’Appello torinese aggiunge un altro tassello al dibattito in materia che, come si è osservato (M.G. Salvadori, Infezione da Covid-19 e assicurazioni private: infortunio o malattia? Al Supremo Collegio (forse) l'ardua sentenza, in Assicurazioni, 2022, 366), appare estremamente complesso, “vedendo contrapposte due correnti di pensiero che muovono da premesse teoriche tra loro inconciliabili”.
Fonte: Altalex