Nella ricostruzione del nesso causale si applica il criterio dello scopo della norma violata. L’emotrasfusione è estranea al comportamento prescritto dalla regola cautelare.
In seguito ad un incidente stradale, un uomo riporta delle lesioni, viene sottoposto ad un intervento chirurgico e a cinque trasfusioni di sangue, all’esito delle quali, a distanza di anni, scopre di aver contratto l’epatite da virus HCV. L’uomo evoca in giudizio il proprietario del veicolo su cui era trasportato al fine di ottenere il risarcimento del danno. Secondo la sua ricostruzione, il sinistro è causa dell’evento dannoso, in quanto, in mancanza di esso, egli non sarebbe stato sottoposto all’emotrasfusione infetta. Nelle sue difese, il danneggiato ricorda un precedente di legittimità (Cass. 6023/2001) reso in una fattispecie del tutto analoga, in base al quale il rapporto causale tra l’evento (l’epatite) e l’ultimo fattore di una serie causale (la trasfusione) non esclude la rilevanza di quelli anteriori (l’incidente).
Il sinistro stradale può considerarsi in rapporto causale con il danno patito dall’uomo?
La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza 28 marzo 2024, n. 8429 (testo in calce), risponde negativamente. Non sussiste il rapporto di causalità fra l'evento dannoso costituito dall'epatite C, contratta per le emotrasfusioni effettuate in seguito alle lesioni riportate in un sinistro stradale, e la condotta colposa di chi abbia violato le regole sulla circolazione stradale. Infatti, nella ricostruzione del rapporto eziologico occorre avere riguardo al criterio dello scopo della norma violata. Nel caso di specie, il sinistro è stato provocato dalla violazione delle norme della circolazione stradale e tali norme sono volte ad evitare scontri tra veicoli, l’incidente, pertanto, rappresenta un mero antecedente del fatto ma non ne costituisce la causa. Infatti, deve escludersi che l’epatite C, contratta a causa di trasfusioni effettuate in seguito al sinistro, rappresenti la concretizzazione del rischio che la regola violata mira ad evitare.
La vicenda
Nel lontano 1974 un autocarro si scontra con un’auto appartenente alla Regione, il conducente di quest’ultima muore a causa delle lesioni, mentre l’altro occupante del veicolo si salva, dopo essere stato sottoposto a cinque emotrasfusioni e ad un intervento chirurgico. Nel 2007, all’uomo viene diagnosticata l’epatite da virus HCV e la Commissione medica ospedaliera ritiene sussistente il nesso causale tra la patologia e le trasfusioni. Il malcapitato agisce in giudizio contro la Regione, che chiama in manleva l’assicurazione che, a sua volta, evoca in giudizio anche il conducente del veicolo antagonista, rimasto contumace. In primo grado e secondo grado, la domanda attorea viene rigettata. L’attore, infatti, ha evocato in giudizio la Regione in qualità di proprietaria del mezzo (ex art. 2054 c. 3 c.c.) ma, secondo i giudici, andava esclusa la responsabilità del conducente del veicolo (poi deceduto); inoltre, la causa della patologia andava ricercata nelle emotrasfusioni e non nell’incidente. In altre parole, la malattia non rientrava in una delle conseguenze ordinarie di un sinistro stradale il quale, al contrario, rappresentava un mero antecedente temporale.
Si giunge così in Cassazione.
Il precedente di legittimità del 2001: il concorso di cause
L’accertamento della sussistenza del nesso eziologico è un giudizio di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito (Cass. 14358/2018) e, in sede di legittimità, è possibile verificare se il giudicante abbia rispettato la disciplina normativa sul rapporto causale tra condotta e danno (Cass. 21772/2019). Il ricorrente lamenta proprio la suddetta violazione. Egli contesta la decisione gravata sostenendo che l’emotrasfusione non possa considerarsi come causa esclusiva della patologia, atteso che, in assenza del sinistro, essa non sarebbe avvenuta e, in tal senso, invoca un precedente di legittimità in base al quale era stato riconosciuto il nesso eziologico in una fattispecie analoga (Cass. 6023/2001). Secondo la sua ricostruzione, gli antecedenti in mancanza dei quali l’evento non si sarebbe verificato vanno considerati come causa. L’unica eccezione è l’ipotesi in cui la causa sopravvenuta sia imprevedibile ed eccezionale. Secondo la pronuncia del 2001, il rapporto causale tra l’evento (l’epatite) e l’ultimo fattore di una serie causale (la trasfusione) non esclude la rilevanza di quelli anteriori (l’incidente stradale). Il rapporto di causalità può instaurarsi anche con gli antecedenti causali con un solo limite: l’idoneità della causa successiva ad essere da sola sufficiente a cagionare il danno, per la sua eccezionalità. Ciò premesso, la questione da risolvere:
non è se l’epatite provocata dalla trasfusione fosse una conseguenza “normale” discendente da un incidente stradale,
ma se l’epatite sia una conseguenza “regolare” nel caso in cui le lesioni prodotte dall'incidente richiedano di eseguire sull'infortunato interventi chirurgici e trasfusione di sangue.
Questo precedente fa riferimento al concorso di cause e ritiene che il nesso eziologico tra la causa antecedente e l’evento venga interrotto solo dal sopravvenire di un evento assolutamente anormale ed eccezionale rispetto all’ordinario svolgersi della catena causale. In quel caso, il giudice di merito aveva ritenuto che l’epatite non costituisse un esito anomalo ma un rischio insito nelle trasfusioni ed un evento che ne consegue con una determinata regolarità. Infatti, l’epatite rappresenta una conseguenza prevedibile di una trasfusione di sangue. Per tali ragioni, in quel precedente, è stato ritenuto sussistente il nesso di causalità tra l'evento (epatite da trasfusioni) e l’incidente stradale nel quale le lesioni prodotte avevano richiesto di eseguire sull'infortunato un intervento chirurgico a cui erano seguite le trasfusioni infette.
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Il criterio dello scopo della norma violata
La Suprema Corte considera infondata la doglianza del danneggiato. Secondo gli ermellini, il ricorrente censura la decisione gravata chiedendo il riconoscimento del nesso eziologico. Pertanto, la vicenda può essere esaminata da un punto di vista più ampio rispetto al concorso di cause a cui si riferisce il mentovato precedente del 2001.
Innanzitutto, preme richiamare la giurisprudenza penale in tema di nesso causale secondo cui la violazione della regola cautelare da parte del soggetto agente deve aver provocato la realizzazione del rischio che la norma voleva prevenire. Ad esempio, l’automobilista che marcia a sinistra risponde per colpa specifica di un eventuale scontro con un’altra vettura, ma non del ferimento di un passante a causa della ghiaia fatta schizzare dalle ruote dell’auto. Infatti, lo scopo preventivo della norma violata (ossia l’obbligo di marciare a destra) consiste nell’evitare lo scontro con altri mezzi (esempio tratto da F. MANTOVANI, Diritto Penale, Padova, Cedam, 2001, 355). In buona sostanza, può ravvisarsi la colpa dell'agente non per qualsiasi evento realizzatosi, ma solo per quello che sia causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare (Cass. Pen. 30985/2019; Cass. Pen. 40050/2018; Cass. Pen. 35585/2017; Cass. Pen. 1819/2015).
Il criterio dello scopo della norma violata utilizzato in ambito penale rappresenta un’integrazione della regola sul nesso causale anche in sede civile (Cass. SS. UU. 13246/2019). Quindi, quando il fatto illecito consiste nella violazione di regole di condotta, preordinate ad evitare un determinato rischio, la responsabilità si estende solo agli eventi dannosi che costituiscano la realizzazione del rischio per il quale la condotta è vietata.
Il divieto di una certa condotta presuppone l’individuazione della sequenza causale che conduce all’evento che si vuole evitare. «L'illecito colposo derivante dalla violazione della regola cautelare stabilisce così un peculiare nesso fra colpa ed evento».
In caso di colpa specifica, il giudice deve verificare:
se l'evento dannoso abbia realizzato il rischio per evitare il quale è stata posta la regola violata;
se l'evento dannoso sarebbe stato evitato tenendo la condotta alternativa lecita.
Le stesse valutazioni valgono anche per la colpa generica ma, in tale circostanza, la regola di condotta non è preesistente rispetto all'illecito, ma viene ricostruita ex post, partendo dalla fattispecie concreta e valutando «se l'evento di danno si ponga quale esito di una sequenza eziologica regolare, che l'agente avrebbe potuto e dovuto prevedere ed evitare».
Per completezza, si ricorda che la colpa generica consiste nella violazione dei generali doveri di prudenza e diligenza, mentre la colpa specifica consiste nella violazione di leggi, regolamenti, ordini e discipline (art. 43 c.p.).
L’epatite C contratta per trasfusione non deriva dal sinistro stradale
Alla luce di quanto sopra esposto, deve escludersi che l’epatite C, contratta a causa di trasfusioni effettuate in seguito ad un sinistro, rappresenti la concretizzazione del rischio che la regola violata mirava ad evitare. Infatti, l’osservanza delle regole della circolazione stradale non mira ad evitare la contrazione dell’infezione.
Si può obiettare che, se fosse stata tenuta la condotta alternativa lecita – rispettosa della regola cautelare – si sarebbe evitato l’incidente e il malcapitato non sarebbe stato infettato. In tal modo opinando, però, si introduce la problematica del concorso di cause a cui si ispira la decisione del 2001 invocata dal ricorrente (Cass. 6023/2001). Ma tale ragionamento è fallace perché la violazione della regola di circolazione stradale non costituisce una causa in senso tecnico. Infatti, occorre applicare il criterio dello scopo della norma violata e l’emotrasfusione risulta estranea al comportamento prescritto dalla regola cautelare. Pertanto, la valutazione su cosa sarebbe accaduto nel caso in cui fosse stata tenuta la condotta alternativa lecita va effettuata non rispetto all’evento estraneo alla regola cautelare (in questo caso, l’emotrasfusione infetta) ma a quello che essa voleva evitare (ossia lo scontro tra i veicoli). In conclusione, alla luce di quanto sopra esposto, non può dirsi che l’emotrasfusione pregiudizievole sarebbe stata evitata dal rispetto della regola cautelare di circolazione stradale.
Conclusioni: il principio di diritto
La Suprema Corte rigetta il ricorso ed enuncia il seguente principio di diritto:
«non sussiste il rapporto di causalità fra l'evento dannoso costituito dall'epatite da virus HCV, contratta a seguito di emotrasfusione compiuta nel corso dell'intervento chirurgico richiesto dalle lesioni riportate in un sinistro stradale, e la condotta colposa, in violazione delle regole della circolazione stradale, che ha cagionato le dette lesioni».
Fonte: Altalex - Wolters Kluwer
https://www.altalex.com/documents/news/2024/04/24/epatite-contratta-per-emotrasfusione-sinistro-stradale-non-causa-ma-mero-antecedente