By AVV. FRANCO ZORZETTO24 GIUGNO 2022
La Corte di Cassazione, con ordinanza 25 maggio 2022, n. 16874, ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui era stata richiesta la cassazione della decisione di secondo grado per non aver disposto la rinnovazione della CTU, in quanto, poiché la Corte di appello aveva spiegato le ragioni del proprio rifiuto, il motivo di ricorso si sostanziava in un vizio di motivazione con cui il ricorrente chiedeva agli Ermellini un riesame del merito (pertanto non ammissibile).
La cassazione interviene sul mancato rinnovo della CTU in materia di responsabilità medica
La Corte di Cassazione, ordinanza 25 maggio 2022, n. 16874, ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui era stata richiesta la cassazione della decisione di secondo grado per non aver disposto la rinnovazione della CTU, in quanto, poiché la Corte di appello aveva spiegato le ragioni del proprio rifiuto, il motivo di ricorso si sostanziava in un vizio di motivazione con cui il ricorrente chiedeva agli Ermellini un riesame del merito (pertanto non ammissibile).
Il caso
Una paziente aveva convenuto in giudizio la ginecologa e l‘Ospedale dove era stata sottoposta a degli accertamenti diagnostici, chiedendo che venisse accertata la responsabilità professionale della sanitaria per il ritardo con cui era stata diagnosticata la patologia cui la paziente era successivamente risultata affetta e la conseguente condanna della ginecologa e dell’Ospedale al risarcimento dei danni che la medesima paziente aveva subito.
Per quanto riguarda i fatti su cui si fondava la domanda risarcitoria formulata dall’attrice, quest’ultima aveva esposto di essersi sottoposta, in data 2 gennaio 2006, ad una visita ginecologica presso la ginecologa convenuta, portando in visione a quest’ultima alcune ecografie effettuate dalla paziente in un periodo di tempo prossimo rispetto al momento della visita, e che la convenuta non aveva prescritto lo svolgimento di ulteriori accertamenti diagnostici, nonostante da dette ecografie fosse già ipotizzabile l’esistenza di una patologia di carattere tumorale a danno della paziente.
Sia la ginecologa che la struttura sanitaria convenute si erano costituite in giudizio, sostenendo l’insussistenza della responsabilità del medico.
Nel corso del giudizio di primo grado, era deceduta la paziente attrice e si erano costituiti gli eredi, i quali avevano insistito per l’accoglimento della domanda risarcitoria formulata dalla propria dante causa.
Inoltre, il giudizio di primo grado era stato interrotto nei confronti dell’Ospedale, poiché la struttura sanitaria era stata posta in procedura concorsuale di amministrazione straordinaria, ed era stato successivamente proseguito nei confronti della sola ginecologa.
Al termine del giudizio di primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda ed aveva condannato il medico al risarcimento dei danni subiti dalla paziente per l’importo di oltre €.65.000, condannando altresì la convenuta alla refusione delle spese di lite.
Non soddisfatta della decisione di prime cure, la ginecologa aveva impugnato la Sentenza del Tribunale. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva rigettato l’impugnazione e aveva condannato l’appellante alla refusione anche delle spese del secondo grado.
La dottoressa ha, quindi, proposto ricorso in Cassazione fondato sull’unico motivo per cui la sentenza di secondo grado sarebbe errata per non aver disposto la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio precedentemente svolta nel corso del giudizio di prime cure.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che con il suddetto motivo la ricorrente avesse richiesto agli Ermellini un riesame nel merito della vicenda non consentito.
Impatti pratico-operativi
La Corte di Cassazione ha ritenuto che il motivo di ricorso promosso dalla ginecologa mirasse ad un riesame nel merito della questione, in quanto si sostanziava in una censura di vizio di motivazione.
Come detto, la ginecologa di doleva del fatto che la Corte di Appello non avesse disposto la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio: in particolare, secondo la ricorrente la Corte d’Appello si era appiattita in maniera acritica sulle posizioni del CTU e non aveva illustrato le ragioni per cui aveva deciso di non disporre il rinnovo della consulenza tecnica.
Nel suddetto motivo di ricorso, la ginecologa ha sostenuto che i risultati delle ecografie che erano state portate dalla paziente durante la visita del gennaio 2006 di cui è causa non erano idonee a dimostrare che la patologia tumorale fosse già in stato avanzato al momento di detta visita. Ragione per cui, la consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado sarebbe stata errata, con la conseguenza che la Corte di seconde cure avrebbe dovuto disporre il rinnovo della stessa, per far accertare detta inidoneità.
Orbene, la CTU è uno strumento che funge da aiuto al giudice e soprattutto da collegamento tra le nozioni giuridiche da applicare alla fattispecie concreta e quelle di carattere tecnico, che non appartengono alla conoscenza del giudice. Ciò, soprattutto, nei giudici di responsabilità medica, dove la CTU serve anche quale fonte di prova nei casi in cui, per poter accertare i fatti, è necessario avere delle specifiche conoscenze tecniche.
Nel caso in cui il Giudice intende aderire alle motivazioni della CTU, può rimandare ai risultati della stessa senza specificare le ragioni della sua adesione, soltanto nel caso in cui la CTU non sia stata contestata. In caso contrario, invece, il giudice deve motivare la propria decisione di aderire alle conclusioni cui è giunto il consulente tecnico d’ufficio, rispondendo alle censure di carattere tecnico-valutative della parte.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza di secondo grado non si era limitata a recepire le conclusioni del CTU, ma aveva dato conto del perché l’opposta valutazione della ginecologa – in ordine alla inidoneità delle ecografie a dimostrare la sussistenza del tumore al momento della visita – fosse infondata. In particolare, la Corte di Appello ha spiegato che, in considerazione del fatto che era stato accertato che nel maggio 2006 il tumore fosse allo stadio IIIC, si poteva presumere che al momento in cui era stata effettuata la visita di cui è causa, detto tumore fosse al II stadio. Pertanto, secondo i giudici territoriali, qualora la ginecologa, in tale momento (cioè gennaio 2006), avesse disposto l’esecuzione di interventi diagnostici, la paziente avrebbe avuto una vita più lunga e in condizioni migliori rispetto a quella che ha avuto a causa dell’avanzamento del tumore.
Ebbene, secondo la Corte di Cassazione, i giudici di secondo grado hanno fornito una motivazione adeguata in ordine al rifiuto di rinnovare la consulenza tecnica svolta in primo grado, e pertanto il motivo proposto con il ricorso della ginecologa, anche se è formulato come una violazione di legge, in realtà è finalizzato a censurare la motivazione della corte territoriale, finendo così per chiedere alla Cassazione un diverso esame del merito della vicenda (che però non è consentito).
In ragione di ciò, la Corte Suprema ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione e al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
Esito giudizio:
Rigetto per inammissibilità
Fonte: Wolters Kluwer - Altalex